La nuova frontiera: l'auto a idrogeno

20/03/21


Se il futuro dell'auto – come è ormai scontato - sarà elettrificato, il problema che emerge (e sarà sempre più importante) è come produrre l'elettricità necessaria per garantire la ricarica.

L'allarme è stato lanciato di recente dal presidente della Toyota, Akio Toyoda, il  quale ha detto chiaramente che "c'è un entusiasmo eccessivo per le auto elettriche visto che la transizione verso questo tipo di veicoli sarà costosa e di complicata realizzazione".
Le fonti sostenibili naturali (acqua, vento e sole) notoriamente non basteranno a sostenere le esigenze di una elettrificazione di massa. Il nucleare (come proprio il Giappone ha purtroppo sperimentato) non è esente da rischi ambientali, e così l'elettricità viene ancora prodotta tramite l'utilizzo del petrolio o del carbone. Un grosso limite.

 

Quali soluzioni allora si prospettano? La più affidabile si chiama idrogeno. Che è l'elemento più semplice (l'atomo comprende soltanto un protone e un elettrone), leggero e diffuso a livello mondiale. Le auto a idrogeno esistono già, ad esempio la Toyota Mirai giunta ormai alla seconda generazione. Come funzionano? Sono azionate da un motore elettrico ma producono l'elettricità necessaria immagazzinando il gas in bombole ad alta pressione, per poi immetterle in una pila a combustibile (fuel cell). È questo il cuore delle auto a idrogeno. Una reazione elettrochimica genera elettricità e produce allo scarico semplice vapore acqueo. Inquinamento zero. Le auto a idrogeno, come le full-electric sul mercato, sono anche dotate di una batteria ad alta tensione che immagazzina l’energia prodotta dal motore in frenata.
 

Facile? Purtroppo no. L'elemento critico è rappresentato dalle bombole, l'equivalente del tradizionale serbatoio, che devono essere molto sofisticate, certo più di quelle per Gpl o metano. Infatti l’idrogeno, per rimanere liquido, ha bisogno di temperature così basse (-253 C°) da risultare impraticabili. Per stivarne quantità sufficienti si devono usare pressioni altissime, circa 700 bar, che impongono bombole speciali in materiali compositi, molto costose.
 

Un altro limite riguarda le stazioni di ricarica, che devono essere altrettanto sofisticate per stoccare e distribuire senza rischi  l'idrogeno a bassa temperatura. Oggi ne esiste, in Italia, una sola a Bolzano. E non ci sono progetti concreti di implementazione, proprio a causa dei costi. Così viaggiare a idrogeno è ancora un'esperienza limitatissima e sperimentale. Ma il futuro potrebbe andare in questa direzione.



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